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Galileo Chini

Firenze 1873 – 1956


Artista di grande levatura nel campo delle arti applicate, Chini si dedicò, oltre alla creazione di maioliche (fabbrica Arte della Ceramica), anche alla creazione di manifesti pubblicitari e alla illustrazione di libri («L'Amore dei Tre Re» e «La Cena delle Beffe» di Sem Benelli, per cui allestì le scenografie). Realizzò alcuni straordinari pannelli decorativi ispirati alle linee secessioniste dettate da Gustav Klimt e riprese in Italia da Vittorio Zecchin. In campo pubblicitario preferì la propaganda per mostre e rassegne piuttosto che la pubblicità commerciale.
(AA.VV., Catalogo Bolaffi del Manifesto Italiano, Giulio Bolaffi Editore, Torino 1995)   

Nasce a Firenze il 2 dicembre 1873. Dopo la morte del padre è costretto a intraprendere i lavori più disparati e a frequentare le scuole serali. Nel 1885 si trasferisce nel Castello dei Torlonia a Serra di Brunomonte in Umbria, dove lavora come decoratore e restauratore presso la bottega di uno zio che lo aiuta anche a seguire i corsi di Decorazione alla Scuola d'Arte di Santa Croce a Firenze. Nel 1889 lavora presso la bottega del decoratore Amedeo Buontempo. Nel 1894 inizia una collaborazione con Augusto Burchi, uno dei più famosi decoratori fiorentini del tempo, che gli affida l'ideazione della decorazione di uno dei soffitti di Palazzo Budini Gattai di Firenze. Nel 1895 si iscrive all'Accademia Libera del Nudo di Firenze, dove conosce e stringe amicizia con Signorini, Giunti e Montelatici con i quali, l'anno seguente, fonda la manifattura "Arte della Ceramica" ; realizza in questo periodo opere legate all'Ari Nouveau e allo stile secessionista. In questi anni inizia anche a collaborare alla rivista "Fiammetta" con illustrazioni fortemente influenzate dal movimento dei preraffaelliti. Nei primi anni del Novecento, Chini si dedica anche alla pittura (la Quiete viene esposto alla Biennale di Venenzia del 1901) influenzato dal divisionismo e dal simbolismo conosciuto tramite l'amicizia con Nomellini. Nel 1906 fonda con il cugino Chino Chini il laboratorio di ceramica "Fornaci di San Lorenzo" e nel 1907 realizza con Nomellini e De Albertis la Sala del Sogno alla Biennale di Venezia. Nel 1909 decora la cupola del salone centrale sempre della Biennale di Venezia e inizia la sua attività di scenografo, disegnando scene e costumi del Sogno di una notte di mezw estate al Teatro Argentina di Roma.
Sempre in quest'anno viene nominato professore di Decorazione pittorica all'Accademia di Belle Arti di Roma. E invitato dalla famiglia reale nel Siam e realizza gli affreschi per la sala del Trono al Palazzo Reale. Tornato in Italia descrive la sua esperienza in Oriente dipingendo opere di ambientazione siamese. Nel 1914 partecipa alla "II Secessione" romana ed espone in una sala personale alla Biennale di Venezia. Nel 1917 sottoscrive insieme a Nomellini e a Cifariello il manifesto Rinnovandoci Rinnoviamo che proponeva l'abolizione delle accademie e l'istituzione di liberi laboratori di lavoro, luoghi di incontro e discussione tra gli artisti. Nel 1920 realizza la decorazione del Salone della Biennale (sala Mestrovic). Nel 1931 tiene una grande mostra personale alla Galleria Bernheim-Jeune di Parigi. In questi anni la sua attività espositiva diventa più intensa, si ritira infatti nel 1938 dall'insegnamento. In seguito, a causa di un disturbo alla vista deve rallentare la sua frenetica attività. Nel 1956 viene organizzata nel Palazzo Comunale di Pietrasanta una sua grande retrospettiva. Muore a Firenze il 23 agosto dello stesso anno.
Cat., Il colore del lavoro,  mostra Milano, Torino, Piacenza, Electa, Milano 1991)


1900

 


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1925

1930